martedì 6 gennaio 2009

Strutture Sportive & MARKETING CONCEPT

Liberamente tratto ad adattato dalla dispensa “Aquafitness Mod. 1 per istruttore “
di European Aquatics Academy”

RELATORE
Dott. Edoardo Cognonato

MARKETING CONCEPT


Ogni centro sportivo, in quanto fornitore di “servizi” desidera soddisfare in modo competo la propria clientela, il concetto di marketing quindi, con tutte le sue implicazioni, di sicuro non può restare sconosciuto: MARKETING è la forma al present continous del verbo TO MARKET= Andare in contro al mercato. Questo significa scoprire cosa desidera il consumatore, fare il possibile per offrirglielo; effettuare ricerche di mercato per scoprire i bisogni insoddisfatti, studiare le soluzioni con caratteristiche appropriate che procurino vantaggi e benefici per il consumatore.
Fare MARKETING significa anche occuparsi delle motivazioni che influiscono sulle scelte dei consumatori di prodotti o servizi. Solitamente il processo motivazionale del cliente è strutturato in 4 fasi (CIRCUITO MOTIVAZIONALE)

1. Bisogni (Ricerca)
2. Problemi (Analisi)
3. Soluzioni (Studio)
4. Benefici (Evidenziazione)

IL MARKETING MIX è la combinazione dei fattori di marketing. Essi sono rappresentati da 4 forze differenti soprannominate 4P che interagiscono tra loro opportunamente basate secondo le strategie definite dal Piano di marketing; i 4 fattori che interagiscono sono:

1. Prodotto
2. Prezzo

3. Pubblicità
4. Punti vendita

L’obiettivo delle strategie di marketing e ottimizzare questo mix di fattori attraverso le combinazioni migliori per raggiungere i propri obiettivi, cercando sempre il maggior equilibrio.
Secondo il Marketing RELAZIONALE, la relazione con il cliente-
consumatore è il fattore chiave del processo decisionale, sia in termini di acquisizione che di fidelizzazione. Il MR valorizza il contatto con il cliente e le sue aspettative, trasformando il suo primo contato in una relazione CONTINUA.
La FIDELIZZAZIONE è quindi una funzione dettata dal livello di soddisfazione in seguito ad un servizio ricevuto,che dipende a sua volta dal livello psicologico dei bisogni appagati (bisogni impliciti.,espliciti.,latenti)
Per soddisfare le richieste di ogni consumatore, un’azienda che offre servizi, come i servizi sportivi, che vedono negli ultimi anni una clientela sempre più critica,attenta ed esperta riguardo a ciò che sceglie, non può certo proporsi in modo mediocre: la prima cosa che ognuno di noi (anche inconsciamente )ricerca in un servizio è la QUALITA’.


Il Marketing dei
servizi privilegia la Qualità Percepita dal Cliente:recenti ricerche di mercato nel settore dei servizi dimostrano infatti che statisticamente:
Il 4% dei clienti se ne va perché si trasferisce o cambia abitudini
Il 28% dei clienti se ne va per insoddisfazione del rapporto Qualità –Prezzo
Il 68% dei clienti se ne va perché percepisce una insoddisfacente Qualità Del Servizio.
La percezione di Qualità è quindi funzione le cui variabili sono espresse da fattori come affidabilità,disponibilità,empatia,garanzia..,tutte aree di sensibilità del cliente.

Se il prodotto in sé è di Qualità, Il PACKAGING, (cioè la confezione) con la quale lo presentiamo, innalza a livello esponenziale la percezione di Soddisfazione: al contrario se il pacchetto è perfetto ma il prodotto scadente, la soddisfazione non c’è, anzi,l’insoddisfazione percepita è così negativa che il cliente insoddisfatto, andandosene, genera pubblicità “negativi” per altri possibili utenti al servizio .

In altre parole, se in un centro sportivo molto curato nella struttura, nei servizi pratici e nell’ergonomia, all’ultima moda, viene offerto un corso, un allenatore, una lezione, qualitativamente scadente per personale poco preparato, attrezzature inadeguate, spazi ridotti, l’insoddisfazione sarà maggiore rispetto a quella che si sarebbe provata nell’entrrare in una struttura mediocre, ma nella quale si riceve un servizio, dal punto di vista Qualitativo, ECCELLENTE.

lunedì 5 gennaio 2009

ALLENATORE O FORMATORE? Saper essere LEADER

Sempre più spesso,in molti campi delle discipline sociali e molti contesti lavorativi si parla della leadership e del ruolo del “leader”. Riprendendo l’argomento già accennato in un mio precedente post, vorrei approfondire l’argomento, che vedo essere trasversale anche a molti altri blog dei miei compagni di corso, dando rilievo a come può essere visto in campo sportivo un istruttore, un allenatore, un coach…o perché no anche un formatore o un insegnante che viene riconosciuto come “LEADER”.
Oggi, rispetto alla concezione tradizionale che traduce la parola Leader con “capo” “comandante”, si preferisce specificare che l’utorità che fa della persona un leader non proviene più necessariamente dall’alto: il potere viene conferito dai membri di un gruppo, di una comunità o di uno stato, alla persona o alle persone scelte dalla maggioranza per assumere la leadership.
Potremmo dire che il leader non si fa obbedire con la forza o la paura, ma esercita una determinata influenza perché stimato, rispettato, amato, il quale pone attenzione a MODALITÀ DI COMUNICAZIONE COLLABORATIVE E COSTRUTTIVE.


CHE COS’È LA LEADERSHIP?
Potremmo definire allora la leadership come:
“l'influenza interpersonale esercitata in una situazione e rivolta, mediante il processo della comunicazione, in direzione del conseguimento di uno o più obiettivi specifici"
(R. Tannenbaum, I. R.Weschler, F. Massarik ).
Caratteristiche del LEADER
Come è possibile riconoscere tra tanti comportamenti quelli specifici di un leader?

LA SITUAZIONE ED IL CONTESTO
Innanzi tutto, per determinare il tipo di leader che abbiamo di fronte, è necessario definire la SITUAZIONE.
Un corretto stile di leadership è necessariamente legato alla situazione.
Se ci troviamo in una palestra, piscina o campo di calcio, l’allenatore di fronte ad un gruppo di dodici- tredici ragazzini adolescenti è di sicuro il “capo”: lui decide gli allenamenti, gli orari, i premi, le punizioni e si fa rispettare, cercando di insegnare quanto prevede la disciplina, come se fosse un maestro. Ma nello sport, inteso come campo formativo più completo per la personalità, questo imporsi non è sufficiente e non è sempre “educativo” . .Andando oltre quindi, come può essere sicuro il nostro allenatore di essere anche “leader” per il suo gruppo?
.Fin dalle prime ricerche, gli studiosi si chiedevano:
“Esiste uno stile in assoluto più efficace degli altri?”
“Esiste uno stile in assoluto meno efficace degli altri?”
In realtà si scoprì che la variabile che rendeva i comportamenti del leader più o meno efficaci era la situazione (compiti richiesti al collaboratore in uno specifico contesto di obiettivi) nella quale egli si trovava a svolgere il suo ruolo di motivatore delle persone verso gli obiettivi.
Successivamente furono raccolte una rilevante quantità di prove che consentirono di dimostrare questo:
“Non esiste uno stile di leadership migliore in assoluto”
L’esame di tutti gli studi fatti portava alla conclusione che la leadership efficace è funzione della situazione e che più un leader sa adattare alle circostanze i suoi comportamenti, più risulterà efficace.
Il Leader porta nella situazione i propri comportamenti ed i propri atteggiamenti. Gli atteggiamenti sono sentimenti e strutture cognitive (credenze) che ci rendono favorevoli o contrari a qualcosa, e quindi sono diversi dai comportamenti.
I Collaboratori, siano essi singoli individui o anche gruppi, portano anch’essi i propri comportamenti e atteggiamenti.
Una leadership efficace non è quindi determinata solo dagli atteggiamenti o dagli schemi comportamentali del leader, è invece l’interdipendenza tra LEADER e COLLABORATORE che può determinare il successo o il fallimento nella gestione di una situazione problematica.
La funzione di leadership, inoltre non viene necessariamente sempre svolta dal membro del gruppo abitualmente ha il ruolo di leader. In determinate situazioni
anche un collaboratore può assumere la leadership
perché il contesto lo richiede,
perché in quel momento le sue personali competenze lo rendono il più adatto ad attuare una leadership efficace.
Il nostro allenatore quindi non è un capo assoluto che agisce incondizionatamente per un potere conferitogli dall’alto, sempre ed in ogni luogo m, a seconda della situazione, deve saper lasciare “campo libero” anche ai suoi allievi, percepire i feed-back che questi li mandano, poiché all’interno del suo gruppo possono esserci altri “leader” e
potrebbe essere proprio il gruppo a dare (più o meno formalmente) l’incarico ad un singolo di diventare il leader per un dato periodo,.
La leadershipperciò non è solo un “affare” del leader,
ma anche una delle competenze di ogni singolo collaboratore (in questo caso, allenatore e squadra allenata sono collaboratori, insieme lavorano perr raggiungere degli obiettivi.)
Un buon leader riesce ad orientare le emozioni dei suoi membri in modo da trasformarle in energia positiva.


ESSERE LEADER DI SÉ PER DIVENTARE LEADER DEGLI ALTRI

Esercitare una leadership presuppone di trovarsi in un sistema di relazioni, quindi il leader dovrebbe innanzi tutto entrare in relazione con se stesso e riuscire ad essere guida ed orientatore di se stesso, capace di comprendere la propria situazione interiore ed agire mettendo in atto le sue abilità di leader.
Un buon leader, è anche leader di se stesso. Una buona relazione con se stessi, è la solida base su cui il leader può iniziare a costruire il suo rapporto con gli altri in modo tale che, quando la situazione lo richieda, sia in grado, di diventare anche un leader per gli altri.


Bibliografia:
R. Di Nubila “Saper fare formazione”
R. Vianello “Psicologia”


LIBRO CONSIGLIATO:

LEADER SI NASCE E SI DIVENTA
manuale di leadership emozionale per motivare se stessi ed i collaboratori

(di Edoardo Cognonato)

http://www.fitnesstrend.com/pubblicazione/Notizie/Pubblicazioni/LIBRI/LEADERSINASCEESIDIVENTA.html

scritte glitter