giovedì 18 dicembre 2008

cosa fa il formatore, se deve creare un "gruppo"?

vorrei inserire questo post, dopo aver letto quelli dei miei compagni nei quali in varie parti si parla del gruppo in formazione di come si deva relazionare il formatore.
In particolare ho letto i post inseriti da Michela (http://formroom.blogspot.com/) riguardo la gestione di un gruppo, e da Luigina (http://lupag-tiascolto.blogspot.com/) che riguarda l'ascolto per il formatore e l'ascolto attivo.
Riportando la mia esperienza personale di lavori di gruppi in ambito lavorativo, ma soprattutto dopo aver partecipato, durante il tirocinio, a due incontri formativi centrati proprio sulla costruzione di un gruppo di lavoro (8 persone), ho avuto modo di constatare come e quanto la figura del formatore sia punto di riferimento per le persone che gli sono di fronte.

Nella realtà nella quale mi sono trovata, il gruppo già colaborava nel lavoro, e quindi nelle attività proposte ho potuto osservare come si delineassero dei ruoli all’interno dei piccoli gruppi, che poi gli stessi partecipanti hanno giustificato come un “abitudine” derivante dal ruolo che hanno nel luogo di lavoro.

Ciò che per la mia posizione, in quella situazione, è risultato più formativo e finalmente chiaro, è stato avere la possibilità di vedere COSA fa il formatore .
Non è come un ‘insegnante o altro, ma una figura che ne comprende molte, per quel che riguarda le conoscenze, ma che ha la sua specificità: delle discipline che conosce deve saper selezionare quelle più adatte alla situazione nella quale si trova, ed a “tradurle” in modo comprensibile per gli uditori, con lo scopo di fornire loro delle “soluzioni” o comunque dei punti di vista diversi per fare, comportarsi, pensare.

La particolarità della figura del For è di saper saper “lanciare la palla”, lasciare che si sviluppi il gioco, e, successivamente, far riflettere su di sé e su ciò che è accaduto, raccogliendo ciò che viene detto, e rispondere poi , elaborando attraverso teorie fra le più varie, per restituirle come un ragionamento per loro assolutamente razionale ed intuitivo, che viene subito recepito, lasciando quindi ai partecipanti la possibilità di fare dei paralleli con possibili situazioni aziendali, per capire come “poter fare” in quei casi.
Non è un “come fare” inteso come istruzioni per l’uso, ma una riflessione guidata che porta le persone stesse a guardarsi ad a “dirsi” qual è il comportamento, l’alternativa migliore nelle situazioni in cui si troveranno, che magari prima non riuscivano a gestire in modo produttivo.

La mia partecipazione mi ha permesso di riflettere su molti aspetti delle professione che, senza questo tipo di esempio pratico, non è possibile vengano alla mente, perché certe situazioni non ci sono sui libri, ma solo vedendo e provando si capisce il confine.

Alcune attività vengono proposte nei corsi di formazione per gruppi con lo scopo di scatenare il “conflitto” fra i membri del grupp, per far capire loro come trovarne le soluzioni più costruttive e come il gruppo sia più forte del singolo di fronte lle difficoltà (Ricordiamoci: Il tutto è più della somma delle singole parti - Gestalt- )
Se si tratta di formazione in ambito aziendale, il formatore , mediando la situazione e riportandola nel loro contesto lavorativo, deve invitare a riflettere sull’utilità che i metodi presentati potrebbero assumere in futuro per “tutti” e per tutte le situazioni, in modo oggettivo.

E' sempre indispensabile per il formatore avere il controllo della situazione, non lasciare che le discussioni degenerino, creare i giusti parallelismi fra quello che succede nel caso e nel gioco, e quello che realmente potrebbe succedere nel lavoro di tutti i giorni, poiché non è un passaggio immediato per i partecipanti. Le dinamiche create devono essere discusse e si deve invitare tutti a riflettere ed a dare la propria impressione.

Quindi gestire un gruppo che deve costituirsi ed ascoltare attivamente ognuno dei partecipanti con le loro esigenze per permettergli di condividerle, sono elementi insicndibili nell'atteggiamento Form-ativo. Se così non fosse, ogni corsista si sentirebbe in balia a volte del gruppo , a volte del conduttore, senza aver avuto modo di crearsi un'idea precisa di cosa ha bisogno e di qual'è il suo ruolo, con il rischio che l'intervento provochi nessun cambiamento in ambito lavorativo o, addirittura, comprometta qualcosa.

1 commento:

Katia Bassan ha detto...

Mi è piaciuta veramente tanto la tua riflessione sul ruolo del formatore.
Oltre le svariate figure professionali che uscendo da questo corso di laurea di possono ricoprire quello del "Formatore" nella concezione che hai esposto in questo post è forse la più complessa, infatti per entrare in aula e gestire queste dinamiche ci vuole veramente molta esperienza.
Sono d'accordo con la tua ipotesi che le situazioni pratiche hanno un valore aggiunto non paragonabile alla teoria.
Secondo me partendo da quest'idea di fondo dove l'esperienza è indispensabile in un buon corso di formazione si riuscirà in futuro diventare ottimi formatori.

scritte glitter